IL GIUDICE DI PACE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa promossa, ex artt. 22 e ss. della legge 24 novembre 1981, n. 689, da Aschero Monica, residente in via Santa Sofia n. 22, Milano; Contro Comune di Milano, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso da funzionari delegati del Corpo di Polizia municipale - Settore affari generali. F a t t o Aschero Monica con ricorso pervenuto in cancelleria in data 19 giugno 2007 proponeva opposizione contro il processo verbale n. 73343/2007 - notificatole in data 24 aprile 2007 - con il quale la Polizia locale del Comune di Milano aveva accertato l'infrazione prevista dal codice della strada (art. 7/14) «Circolava nella zona a traffico limitato benche' agli accessi fossero esposti i segnali indicanti il divieto» Autovettura tg. CS 736YT in data 24 gennaio 2007, ore 17,28, in via Manzoni n. 45. La ricorrente chiedeva, previa sospensione, l'annullamento dell'impugnato processo verbale adducendo di aver ricevuto altro processo verbale per analoga infrazione che sarebbe stata accertata nella stessa via e a distanza soltanto di tre minuti aggiungendo anche di aver pagato la sanzione dovuta «per l'altra infrazione». La ricorrente, pero', non produceva alcuna documentazione a conferma (o a prova) di quanto da lei affermato. Il giudice, non ricorrendo gravi motivi, rigettava la domanda di sospensione del processo verbale e fissava l'udienza di comparizione delle parti. L'Amministrazione opposta (Comune di Milano) si costituiva in cancelleria in data 5 dicembre 2007 con comparsa alla quale allegava documentazione fotografica e con la quale sosteneva la piena legittimita' dell'impugnato processo verbale concludendo per il rigetto del ricorso. D i r i t t o La ricorrente non ha addotto alcun valido motivo a sostegno della sua domanda di annullamento e, comunque, non ha prodotto alcuna prova a conferma di quanto da lei affermato. Il ricorso, pertanto, non puo' essere accolto, anzi deve essere rigettato. Il giudice, pero', non puo' limitarsi ad una pronuncia di rigetto, non solo perche', in base alle disposizioni di cui ai commi 5, 6 e 7 dell'art. 204-bis c.d.s. (o d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), il giudice, in caso di rigetto del ricorso, deve anche determinare l'importo della sanzione pecuniaria ma anche perche' una semplice sentenza di rigetto per la pubblica Amministrazione, parte vittoriosa, sarebbe inutiliter data, anzi paradossalmente produrrebbe gli stessi effetti di una sentenza di accoglimento del ricorso. Infatti il processo verbale contro il quale viene proposto un ricorso (amministrativo o giurisdizionale) - anche quando il ricorso viene rigettato e non solo quando viene accolto per il disposto di cui all'art. 203, comma 3, C.d.S., non ha piu' alcuna efficacia di titolo esecutivo. La Corte di cassazione, sia pure con specifico riferimento ad un ricorso al prefetto (ma la stesso principio non puo' non valere anche in caso del ricorso al giudice di pace) ha affermato che «E' illegittima - e va, pertanto, annullata - la cartella esattoriale emessa per riscossione di sanzione amministrativa relativa a violazione al codice della strada, che si fondi su un verbale di accertamento impugnato davanti al prefetto, poiche' una volta opposto - anche se con esito negativo - in sede amministrativa, esso deve ritenersi privo dell'efficacia di titolo esecutivo, risultando necessaria la successiva emanazione della correlata ordinanza-ingiunzione, la quale soltanto, se non annullata a seguito del ricorso giurisdizionale o revocata dalla stessa autorita' amministrativa, puo' legittimare la conseguente notificazione della cartella esattoriale nei confronti del trasgressore». (Nella specie, la S.C., accogliendo il ricorso formulato dall'interessato e cassando la sentenza con contestuale decisione nel merito, ha rilevato che, essendo stato il verbale notificato a suo tempo al destinatario che, pero', lo aveva impugnato con esito negativo davanti al prefetto, la successiva cartella esattoriale fondata su tale verbale privo del valore di titolo esecutivo era da annullare). Cass., sez. 2, sent. n. 17278 del 25 agosto 2005. Il giudice, quindi, dovrebbe determinare l'importo della sanzione pecuniaria che, per l'infrazione de qua e' prevista dall'art. 7, comma 14, c.d.s. da € 70,00 a € 285,00. E nel determinare l'importo della sanzione pecuniaria a carico della ricorrente, tra il limite minimo e il limite massimo, il giudice deve avere riguardo ai criteri stabiliti dalla disposizione di cui all'art. 195, comma 2, c.d.s. «gravita' della violazione, opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonche' personalita' del trasgressore e sue condizioni economiche». Nel caso di specie, pero', nessuna delle anzidette circostanze e' stata dedotta o provata dalla pubblica amministrazione (o comunque risulta dagli atti processuali) perche' il giudice possa o debba determinare la sanzione pecuniaria in misura superiore al minimo edittale. Pertanto questo giudice, in base alla normativa vigente, dovrebbe infliggere la sanzione pecuniaria nella misura minima prevista dalla legge e quindi di € 70,00. Tuttavia questo giudice, pur convinto che la determinazione delle sanzioni amministrative pecuniarie rientra nella discrezionalita' del Legislatore, con il limite pero' della «ragionevolezza», ritiene «discutibile» la disposizione dell'anzidetto art. 7/14 la quale, per l'infrazione de qua, prevede la sanzione pecuniaria da un minimo di € 70,00 ad un massimo di € 285,00. Trattasi di importi, e non solo con riferimento al minimo edittale, che sono inferiori a quello che la pubblica amministrazione (Stato e comune) e quindi la collettivita' sostiene (deve sostenere) per il procedimento giurisdizionale promosso dall'autore o dal responsabile della violazione. Basti pensare che soltanto per «remunerare» l'attivita' di questo giudice e in particolare per questo procedimento lo Stato deve sostenere la spesa di € 56,81, a cui vanno aggiunte le spese per le notifiche e, ovviamente, quelle, di certo maggiori, che vengono sostenute dal comune per costituirsi in giudizio a mezzo di propri funzionari. E considerazioni analoghe potrebbero essere fatte, non solo per la disposizione di cui all'art. 7/14 C.d.S., ma anche per quasi tutte le violazioni del codice della strada per le quali sono previste sanzioni pecuniarie. La scelta del legislatore di far pagare agli autori o ai responsabili delle violazioni concernenti le norme della circolazione stradale sanzioni pecuniarie «modeste» rispetto alla spesa che deve essere sostenuta e non per l'accertamento della violazione ma per il procedimento giurisdizionale, a torto e non a ragione, promosso dagli autori o dai responsabili delle violazioni, dovrebbe indurre ad una adeguata riflessione. E' pur vero che in base al disposto di cui all'art. 23, comma 11, della legge 24 novembre 1981, n. 689 «Con la sentenza il giudice puo' rigettare l'opposizione, ponendo a carico dell'opponente (anche) le spese del procedimento ...». Ma, per la dottrina e la giurisprudenza assolutamente dominante, da cui questo giudice non ritiene di potersi discostare, «le spese del procedimento» di cui alla citata norma sono soltanto le spese processuali previste dagli artt. 91 e ss. cod. proc. civ. e non anche le spese sostenute dallo Stato per il compenso dovuto al giudice, per le notifiche etc., o dai comuni per costituirsi in giudizio con propri funzionari. La mancanza di «ragionevolezza» del sistema sanzionatorio delle violazioni del codice della strada appare pero' evidente per la diversita' di trattamento tra coloro che propongono ricorso al prefetto, previsto dall'art. 204 c.d.s., e coloro che propongono ricorso al giudice di pace, previsto dall'art. 204-bis c.d.s. Infatti, in base agli anzidetti articoli, in caso di rigetto del ricorso presentato al prefetto la sanzione pecuniaria non puo' essere «inferiore al doppio del minimo edittale per ogni singola violazione», mentre in caso di rigetto del ricorso al giudice di pace la sanzione puo' essere - e di solito e' - pari al minimo edittale. Quindi puo' verificarsi e di solito si verifica che due persone, pur avendo commessa la stessa infrazione, debbano pagare sanzioni diverse soltanto perche' una presenta ricorso al prefetto e l'altra ricorso al giudice di pace. Tale diversita' di trattamento incrementa, forse in misura abnorme, il contenzioso davanti al giudice di pace il quale, peraltro, per «discutibili» scelte legislative, obiettivamente ha interesse a favorire l'aumento e non la diminuzione del suo carico di lavoro. E non a caso il Legislatore con l'art. 204-bis, comma 3, del codice della strada, con il preciso intento di contenere il contenzioso davanti al giudice di pace aveva introdotto, a pena di inammissibilita' del ricorso, il deposito cauzionale di una somma pari alla meta' del massimo edittale. Tale soluzione, pero', giustamente fu ritenuta illegittima dalla Corte costituzionale con la sua Sentenza 8 aprile 2004, n. 114. L'art. 204-bis, comma 7, c.d.s., nella parte in cui prevede che in caso di rigetto del ricorso «il giudice di pace non puo' applicare una sanzione inferiore al minimo edittale stabilito dalla legge per la violazione accertata» e non invece «una sanzione non inferiore al doppio del minimo edittale per ogni singola violazione», cosi' come previsto per il prefetto dall'art. 204, comma 1, c.d.s., a parere di questo giudice, e' di dubbia legittimita' in relazione al principio di eguaglianza e di «ragionevolezza» previsto dall'art. 3 della Costituzione. Trattasi, per le esposte argomentazioni, quindi di questione «non manifestamente infondata». Ed anche «rilevante» ai fini della definizione della presente causa perche' se la disposizione di cui all'art. 204-bis, comma 7, c.d.s. dovesse essere illegittimo questo giudice dovrebbe determinare l'importo della sanzione pecuniarie a carico del ricorrente in misura non inferiore al doppio del minimo edittale e quindi, nel caso di specie, pari ad € 140,00 mentre se la relativa questione fosse «infondata» questo giudice, rigettando il ricorso, potrebbe e dovrebbe determinare l'importo della sanzione pecuniaria in misura pari al minimo edittale e quindi pari ad € 70,00.